È impossibile quantificare la loro quota del Pil iraniano, ma secondo stime occidentali si aggirerebbe fra un terzo e i due terzi
17 febbraio 2010
La capacità di controllo sull’economia iraniana dei Guardiani della rivoluzione è evidente non appena si entra nel Paese: gestiscono il principale aeroporto internazionale, e il modo in cui sono riusciti a ottenerne la gestione è stata una chiara dimostrazione di come si svolgano adesso i grandi affari in Iran.
Il contratto per la gestione dell’aeroporto Imam Khomeini, a sud di Tehran, era stato assegnato a un consorzio turco-austriaco nel 2004, ma l’8 maggio, giorno in cui era prevista l’apertura, gli ufficiali della Guardia Nazionale ne hanno preso il controllo, bloccando le piste con i loro veicoli, e chiudendolo. E’ stato necessario dirottare in fretta i voli in entrata.
Il Corpo dei Guardiani della Rivoluzione Islamica (IRGC) dichiarò che il coinvolgimento degli stranieri rappresentava un rischio per la sicurezza, per la possibilità di un presunto legame con Israele, ma era chiaro che il più grande errore del consorzio straniero era stato quello di cercare di tagliare fuori l’IRGC dal suo giro di affari. Da allora è stato estremamente difficile, se non impossibile, escluderlo dall’economia nazionale.
Il Corpo, nato come milizia volontaria durante il culmine della rivoluzione del 1979, è ormai irriconoscibile rispetto alle sue origini. È cresciuto a tal punto da diventare un gigante che domina l’economia del Paese, quella ufficiale e non. È impossibile quantificare la sua quota di mercato, ma secondo le stime occidentali si dovrebbe aggirare fra un terzo e quasi i due terzi del Pil iraniano, per un equivalente di decine di miliardi di dollari.
Ma l’economia iraniana ha cambiato i Guardiani della rivoluzione nella stessa misura - se non di più - di quanto essi l’abbiano trasformata a loro volta.
"L’IRGC è una vera e propria corporation. È un conglomerato economico con le pistole", dice Ali Ansari, esperto di Iran della St Andrews University, secondo il quale è fuorviante definire il Paese una dittatura militare. "Non è una giunta militare. A mio modo di vedere – aggiunge - è un insieme di interessi economici e religiosi, e non penso che abbia la coesione necessaria per agire come un’unità unica".
Attraverso holding finanziarie, imprese di facciata, e "fondazioni caritatevoli", il Corpo dei Guardiani della rivoluzione svolge un ruolo di grande protagonista nel business dell’edilizia, del petrolio e del gas, dell’import-export, e delle telecomunicazioni. Subappalta il lavoro a imprese straniere, e le sue controllate partecipano a gare d’appalto all’estero. Il controllo di una serie di moli lungo la costa del Golfo, così come dei terminal degli aeroporti iraniani, gli consente di trasferire merci dentro e fuori dal Paese senza pagare dazi doganali.
"Se si vogliono trasferire beni di qualsiasi genere da e verso l’Iran senza pagare il dazio, è a loro che bisogna rivolgersi", dice Meir Javedanfar, analista israelo-iraniano, sottolineando che "nessun importante uomo d’affari iraniano è realmente indipendente da loro o dal governo".
Mohsen Sazegara, un dissidente iraniano in esilio che ha contribuito alla fondazione dell’IRGC, oggi definisce questo apparato come una "organizzazione unica ed estremamente strana", paragonandola al KGB dell’era sovietica per la vastità del suo braccio di intelligence. "Potremmo dire che è un po’ come un’enorme società di investimenti con un complesso di imperi economici e trading company, oltre a incarnare di fatto il ministero degli Esteri, attraverso le "Forza Quds", che controlla i rapporti con i Paesi della regione. I Guardiani sono anche coinvolti nel traffico di droga e alcolici. Non conosco nessun’altra istituzione simile ai Guardiani della rivoluzione".
L’ampliamento del dominio dell’IRGC all’interno dell’economia iraniana ha avuto inizio vero e proprio negli anni Novanta, durante la presidenza di Akbar Hashemi Rafsanjani. Rafsanjani è ancora un protagonista politico, un magnate dell’economia, e il maggior rivale dei Guardiani della rivoluzione, tuttavia, nel periodo successivo alla guerra Iran-Iraq, incoraggiare l’IRGC affinché entrasse nel settore dell’edilizia costituiva un modo per ricostruire il Paese e finanziare il Corpo.
Ansari dice: "Tutto questo è iniziato con Rafsanjani, che ha detto: 'Andate e fate soldi’, e così è stato, e hanno pensato: è facile. Hanno cominciato a prendere provvigioni, e sono finiti col rilevare intere fabbriche. E’ una pratica che ormai va avanti da anni".
L’ IRGC opera in parte attraverso i bonyad iraniani, fondazioni caritatevoli di facciata che agiscono come enormi holding finanziarie. Sotto lo Shah, queste rappresentavano il mezzo per destinare ricchezze agli 'uomini di corte’. Dopo la rivoluzione, i bonyad sono diventati lo strumento utilizzato dagli Ayatollah per arricchirsi. Adesso, riflettendo un’evoluzione continua del regime, l’IRGC è la forza dominante, in particolar modo attraverso la Bonyad e-Mostazafan, la "Fondazione degli oppressi".
Tuttavia, si potrebbe sostenere che oggi l’organo più potente dell’IRGC è il Khatam al-Anbiya, che all’inizio era il quartier generale nel ramo dell’edilizia del Corpo, ma che oggi è una gigantesca holding che controlla più di 812 società registrate all’interno dell’Iran e fuori, che ha ottenuto 1.700 contratti governativi. La scorsa settimana, il Tesoro americano ha congelato i beni del suo direttore, il generale Rostam Qasemi e di quattro società controllate.
Con il sostegno attivo del presidente Mahmoud Ahmadinejad, che ha passato alla Khatam al-Anbiya una serie di contratti di enorme valore - assegnati senza gara d’appalto - nel corso degli ultimi anni la sua influenza è aumentata in modo esponenziale, ramificandosi all’interno di ogni aspetto della vita economica del Paese.
Le sue credenziali di sicurezza le hanno permesso di accaparrarsi il mercato dei contratti per scavare tunnel, costruire sistemi ferroviari sotterranei, e la gestione del programma missilistico e nucleare. Come se non bastasse, la fondazione ha ottenuto un appalto da 1,3 miliardi di dollari per la costruzione di un gasdotto lungo circa 900 km, dalla provincia del Bushehr al Sistan-Baluchistan. Questo primo passo nel settore energetico è stato consolidato da un altro contratto del valore di 2,5 miliardi di dollari per costruire infrastrutture nel giacimento petrolifero di South Pars.
È impossibile stimare l’entità completa del controllo esercitato dall’IRGC, perché il processo di privatizzazione, previsto ufficialmente dall’art. 44 della Costituzione iraniana, è stato utilizzato per offuscare la questione della proprietà. Molte delle società beneficiarie non sono formalmente proprietà dell’IRGC, ma si ritiene che facciano comunque capo al Corpo, attraverso legami personali con i loro proprietari e amministratori.
Lo scorso settembre, l’Etemad-e Mobin, un consorzio che si dice abbia ampi legami con l’IRGC, ha acquistato una quota del 51% dell’impresa delle telecomunicazioni iraniana, pochi minuti dopo la sua privatizzazione. Con i suoi 5 miliardi di dollari, l’affare è stato considerato come il più grande accordo commerciale di sempre, e, come accadde con l’acquisizione dell’aeroporto, il principale concorrente è stato squalificato all’ultimo momento per motivi di "sicurezza".
A dicembre, i corpi del presidente del consorzio, Majid Soleimanipour, e di sua moglie sono stati ritrovati senza vita nella loro casa di Tehran. I due sarebbero morti per aver inalato del gas che fuoriusciva da una tubatura. Ma laddove tutti gli affari sono politica, e tutte le grandi imprese vengono viste attraverso il prisma della sicurezza nazionale, il resoconto ufficiale dell’accaduto ha generato scetticismo nell’opinione pubblica.
L’accordo delle telecomunicazioni ha rafforzato la presa - quasi monopolistica - dell’IRGC sull’economia, mettendolo, nello stesso tempo, in condizioni di poter avere accesso a qualsiasi conversazione telefonica nel Paese.
"Facendo leva su tutta la loro base economica, stanno allargando il loro controllo su quelle aree che loro stessi considerano come 'soft war’, come il settore delle telecomunicazioni", dice Mark Fowler, ex specialista di Iran per la CIA, che adesso lavora per la società di consulenza americana Booz Allen Hamilton.
Gli Stati Uniti e i loro alleati vogliono inasprire le sanzioni con l’obiettivo di creare disaccordo fra l’IRGC e gli iraniani. L’affermazione di Hillary Clinton - secondo la quale "l’Iran sta andando verso una dittatura militare" - probabilmente mirava a concentrare l’attenzione sul Golfo.
Ma gli analisti affermano che la portata dei Guardiani (conosciuti dagli iraniani con il termine persiano di Pasdaran), e la natura torbida della proprietà aziendale renderanno molto difficile sapere dove andare a colpire. "È il paese dei Pasdaran", dice Jamshid Assadi, economista iraniano che sta a Digione, in Francia. " Tutti lo sanno, e nessuno cerca neppure di nasconderlo".
(Traduzione di Arianna Palleschi per Osservatorio Iraq)
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